Nel Settecento, in Europa si sviluppò un vivace dibattito sui metodi educativi, portando a un ripensamento delle pratiche pedagogiche tradizionali.
Le nuove teorie, ispirate da filosofi come John Locke, David Hume e Denis Diderot, contestarono l'innatismo, sostenendo che la conoscenza deriva dall'esperienza e dai sensi.
Questo approccio empirico portò a considerare l'infanzia come una fase cruciale per l'apprendimento, con un focus sulla salute e sul benessere dei bambini.
innatismo = l'innatismo è una teoria che sostiene che alcune conoscenze, abilità o disposizioni cognitive siano innate, cioè presenti sin dalla nascita, e non esclusivamente acquisite attraverso l'esperienza o l'educazione. Secondo questa visione, l’essere umano possiede potenzialità e strutture mentali già formate che lo predispongono ad apprendere e a svilupparsi in specifici modi.
La medicina contribuì a riconoscere le differenze tra adulti e bambini, promuovendo una visione dell'infanzia non più come fase imperfetta, ma come fondamentale per lo sviluppo.
I metodi di insegnamento rimasero tradizionali, con un forte utilizzo del latino e una predominanza delle discipline umanistiche rispetto alle scienze esatte.
La religione rimaneva al centro dell'istruzione, considerata essenziale per garantire la moralità degli insegnanti e degli studenti.
In sintesi, il Settecento segnò un cambiamento significativo nella concezione dell'educazione, enfatizzando l'importanza dell'esperienza e della salute infantile.

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